Anima verde

di Viviana Guarini

Avrò avuto all’incirca 9 anni.

Il sole era alto nel cielo più azzurro del solito, nell’aria spingeva forte l’odore della primavera.

Avevo terminato i compiti per la maestra Anna, più in fretta degli altri giorni, ed ero scesa giù in cortile per giocare. Al raduno c’erano, come ogni pomeriggio, proprio tutti. Luigi, che da grande voleva fare il meccanico, Francesca che da grande voleva fare la dottoressa, Marta che da grande voleva fare la ballerina e io, che volevo soltanto giocare. E che dicevo, da grande, di voler far tutto.

Era bello il mio cortile, con quegli alberi secolari e le radici ben piantate nell’asfalto. Erano profonde. E io le guardavo, e me ne innamoravo, e mi dicevo che dovevano essere proprio forti per resistere alla durezza di quel manto duro e presuntuoso.

Le avevano piantate nell’asfalto e le vedevo crescere, giorno dopo giorno. Sul solco che formavano per terra, ci inventavamo i giochi. Un gesso per disegnare la campana, la linea immaginaria di una rete di pallavolo, la corsa ad ostacoli. La strega che comandava i colori ma non i nostri spiriti già ribelli.

Lo ricordo bene quel giorno, mi soffermai ad accarezzarne una di quelle radici. Non potevo sentirne il profumo perché erano sotterrate sotto quel manto, non potevo sentirne la durezza alternata alla morbidezza del terreno quando è bagnato. Ma ne percepivo l’essenza. Erano forti loro, erano grandi, e sopportavano le automobili, e i motori, e le biciclette che ogni giorno le calpestavano.

La loro era una missione. Non avevano tempo da perdere in chiacchiere o lamentele. Non potevano stare lì a dire: – Ehi tu, stai attento, che qui sotto abbiamo da fare.

Loro erano. Silenziose, umili, resistenti. Non gli importava di essere ignorate, derise, umiliate, perché sopra di loro si illuminava la loro Anima. Verde, bella, fragile.

Era l’Anima che creava i giochi di ombre, sotto le quali le auto trovavano un posto al fresco. E sotto le quali noi, bambini sognatori, ci riposavamo dopo aver corso per le nostre olimpiadi senza medaglia.

Guardava sempre verso l’alto quell’Anima Verde, e neanche lei se la cavava molto bene. Alle primavere, si alternavano gli autunni e poi gli inverni, e la vedevo combattere contro impavidi venti e violente piogge. Era un duello invisibile, per piegarsi ma non spezzarsi. L’ho vista sempre vincere, quell’Anima Verde.

Sono cresciuta così, osservando dalla finestra della mia cameretta, quelle lotte senza tempo, con le radici che di nascosto facevano il tifo e urlavano a gran voce : – Non mollare, anima bella, ci siamo qui noi.

Sono passati i giorni, poi i mesi, poi gli anni. E quella bambina ribelle è diventata grande. Ho dovuto caricare nella valigia i sogni, il coraggio e la speranza e prendere un treno alla ricerca del mio futuro. Non sapevo ancora cosa sarei diventata da grande, e se vogliamo dirla tutta, non lo so ancora.

Ma portavo con me il ricordo di quelle battaglie silenziose, che per anni avevo osservato e raccontato nei miei diari. Quando ero lontana da casa, era il ricordo che mi faceva sentire a casa. Quando ci tornavo, il primo che accarezzavo.

E sono passati altri giorni, che sono diventati mesi, che sono diventati anni.

Poi, una mattina, sono tornata. Alla soglia del cancello, con le valige in mano, e la voglia di fare pace con le mie radici, quelle da cui ero scappata, per non sentire il dolore di un destino che a volte sembra ineluttabile.

Ero tornata, per ricostruirmi nella mia terra, per darle voce, speranza, coraggio, per dirle che non l’avrei più abbandonata.

Ma quella mattina, era troppo tardi. Loro non c’erano più.

Avevano prima tagliato Anima Verde e poi i suoi arbusti. Io, che ho sempre giocato con le parole, le avevo smarrite.

Mi spiegarono, con un tono di voce che sembrava rassicurante, che avevano dovuto farlo. Perché le radici stavano spaccando l’asfalto.

Il cortile era vuoto, non faceva più rumore. Non c’era più l’ombra, non c’erano più le battaglie silenziose, e i salti, e la strega comanda colori, e le olimpiadi senza medaglia. Anima Verde era volata via.

Ma loro sono rimaste. Nascoste, sotto l’asfalto, ci sono ancora. Le radici che accarezzavo, senza poterle vedere. E le calpesto ancora.

Le ho accarezzate di nuovo, ma non avevano più nulla per cui lottare, ho pensato, adesso che Anima Verde era andata via.

Dalla finestra solo ricordi, e loro lì, inermi, dal grido soffocato.

A che serve lottare se poi Anima Verde vola via. Pensai.

Non avevo capito che quella sarebbe stata la lezione più importante della mia vita. Si lotta, ci si piega, e a volte ci si spezza. Si vincono delle battaglie, e alcune, si perdono. Per sempre.

Si raggiungono le vette più alte, si può sentire la brezza del vento, il dolore della pioggia, il sorriso del sole, ma poi il destino vira all’improvviso.

E Anima Verde può volare via. Ma le radici, quelle che restano comunque, al di là di ogni destino, nessuno può estirparle. Sono più forti di ogni occasione perduta, di ogni violenza subita, di ogni sogno spezzato.

Sono dentro di noi a ricordarci che ciò che abbiamo dato resta per sempre nelle pagine della nostra storia, a ricordarci chi siamo.

Le accarezzo ancora oggi e mi sembrano più forti di prima. Perché Anima Verde è volata via ma è rimasta nell’essenza e nel profumo di queste parole che spero le diano sollievo, ovunque adesso essa sia.

 

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